Titolo: Lost Tapes Vol. 3 Nunzio Iurilli & Gino Palmisano
Formazione: Nunzio Iurilli voce e sax tenore, Gino Palmisano pianoforte
Ospiti: Antonio Molinini flicorno soprano, Livio Minafra melodica Hohner
Anni: 1980/2020 © 2020
Grafica: Giulio Lekklub
Ritrovamenti, digitalizzazioni, selezione brani ed editing: Livio Minafra
Ingegneri del suono di mastering e restauro: Gianluca Caterina, Dino Mignogna/Puffer Studio
Casa discografica: Angapp Music – It
Prodotto da: Livio Minafra
Nunzio Iurilli… and his solitude
Nato a Giovinazzo il 27 agosto del 1928, iniziò lo studio del clarinetto nella Scuola di Musica di Ruvo di Puglia, dapprima con Antonio Amenduni e poi col fratello Alessandro.
I primi racconti di Raffaele Magrone, musicista e nipote di Iurilli, individuano in Santino Tedone il compagno fin dal primissimo esordio, uno di fianco all’altro, in banda a Ruvo, con gli aneddoti come i calcetti che i veterani della Banda (“L gloriòs”) riservavano ai membri più piccoli o l’emozione della carne comprata con i soldi della prima uscita in Banda nella Settimana Santa a fine anni ’30… Probabilmente nel suo immaginario avranno inciso anche i racconti dei concerti dello stesso Tedone, allora quindicenne, con Bruno Giannini nel ’43 tra i campi alleati americani, nonché i primi ascolti jazz alla radio che, seppur censurato e “italicizzato” dal regime fascista (Louis Armstrong era Luigi Braccioforte), erano presenti con la definizione di “musica dal ritmo sincopato”. Lo ritroviamo in orchestrine locali, tra thé danzanti, veglioni e concerti di Carnevale, ma sempre “a mezzo servizio”, visto che i genitori erano contro il fatto che Iurilli concepisse la musica come una professione e volevano che facesse il sarto.
La svolta si ebbe nel 1956, a causa dell’abbondante nevicata iniziata a metà febbraio. Tanta gente fu bloccata in casa per mesi, per cui Nunzio iniziò quel tipo di studio al sax che Leopardi avrebbe definito “matto e disperato”, trascrivendo interamente temi e soprattutto parti solistiche da alcuni dischi di jazz che si era procurato da amici di Molfetta. In particolare si focalizzò sul suono e sul fraseggio del tenorista californiano Stan Getz. E così, nell’estate del 1956, a 28 anni, si può dire che era nato davvero l’artista Iurilli, visto che – sempre dai racconti di suo nipote – pare che da quel momento a chi lo ascoltava “non sembrava neanche più di sentire un sassofonista italiano”.
Lasciò Ruvo di Puglia e partì in cerca di fortuna. Stette fuori pressoché ininterrottamente per una decina d’anni, fino al 1967.
A partire da Milano (in locali storici quali i bar Biffi e Le Tre Gazzelle, ecc..) e Cortina d’Ampezzo in inverno e nei mesi più caldi nelle più note località di villeggiatura quali Alassio e Gardone Riviera, girò in seguito in lungo e in largo tra nord Europa (Monaco di Baviera, Copenhagen, Helsinki e Stoccolma), Medio ed Estremo Oriente, con risultati a dir poco sorprendenti. Il suo passaporto registra timbri di Siria, Libano, Iraq, Iran, Israele, Taiwan, Honk Hong e Giappone…
Del Giappone si racconta dei complimenti ricevuti dagli orchestrali di Duke Ellington nel club Copacabana di Tokyo dove Iurilli suonava, mentre l’orchestra americana si trovò di passaggio per un day off. Sempre nello stesso prestigioso locale, mentre Nunzio cantava e suonava con l’orchestra, era solito intrattenersi Sean Connery ai tempi delle riprese di “Agente 007 si vive solo due volte”.
Della Siria siamo in possesso di una fotografia che lo ritrae mentre canta alla tv nazionale. Sì, perché Iurilli iniziò col clarinetto ma poi si concentrò su sax tenore e sulla voce.
Sappiamo di registrazioni come sideman in Persia (Iran), di tournée sulle navi da crociera in Scandinavia e di suoi turni di registrazione in Italia tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60 con la Arlecchino Dischi di Milano (si menziona tra gli altri Geppe D’Este), come pure con la Smeraldo Records e Pippo Maugeri (celebre in quegli anni in Italia ed Eritrea per la canzone “Asmarina”).
Tra gli altri Iurilli collaborò in Liguria con Bruno Aragozzini nella cui orchestra militava un giovanissimo Pino Presti, al secolo Giuseppe Prestipino, che sarebbe poi diventato tra i maggiori arrangiatori di Mina nonché bassista di Astor Piazzolla nei suoi concerti in Italia. Così lo ricorda Presti: “Ho conosciuto Nunzio Iurilli nell’estate 1960 e ne ho un ricordo nitido anche perché si trattava del mio primo contratto da professionista in un complesso. Il locale era “Le Palme”, a Laigueglia (SV) e la formazione era costituita da Bruno Aragosti, leader e pianista, Tano Gusmani alla chitarra elettrica, Nunzio Iurilli al sassofono tenore, Renzo Bergonzi alla batteria e da me, diciassettenne, cantante-bassista. Si trattava di una formazione in grado di affrontare vari generi musicali, il locale era affollato ogni sera e la pista da ballo gremitissima. Ogni sera un successo e certamente uno dei punti di forza del complesso era rappresentato da Nunzio Iurilli, musicista di valore, formatosi con lo studio dei grandi maestri d’oltreoceano, che con i suoi assoli al sax tenore sapeva dare un tocco magico a ogni canzone”.
Poi, sul finire degli anni ’60, stanco del lunghissimo peregrinare, decise di ritirarsi a Ruvo, appendendo letteralmente al chiodo il sax e “godendosi” una pensione Enpals, proprio in rivalsa dei tantissimi ingaggi della sua breve ma intensissima carriera. Aveva dimostrato ai sui genitori di “avercela fatta” (aveva puntualmente inviato a casa parte dei guadagni) ma qualcosa era accaduto per decidere di smettere di suonare. Di fatto Nunzio non si era mai legato né a una nazione né ad alcun collega musicista in particolare, poiché dava priorità ai contratti di lavoro più sicuri e vantaggiosi. Quasi come se il fiato sul collo dei genitori non lo avesse mai abbandonato…
Solitario e burbero, sempre elegantissimo, appassionato di astrologia e di piante officinali, negli anni ’80 prese l’abitudine di registrarsi in casa alla meglio, su cassetta. Iurilli aveva un carattere simile a quello di Santino Tedone, che era però ben più riservato e taciturno di lui, ed anche in fatto di orecchio assoluto i due andavano in parallelo. Sicché a cappella cominciò a registrare brani come When I fall in love, Day by day, My funny Valentine, Moon River… aggiungendo solo in pochi casi qualche nota con il sax tenore. Una voce solitaria di grande classe, sovente in contrappunto al canto delle rondini sullo sfondo, che riporta alle interpretazioni di Frank Sinatra o di Sarah Vaughan.
In questo senso mi ha ispirato lo straordinario lavoro Gavin Bryars “Jesus Blood never failed me yet” per nastro e orchestra in cui il compositore britannico nel 1972 cucì intorno alla voce di un vagabondo un brano orchestrale toccante e scioccante. Così ho pensato di affidare a Gino Palmisano il compito sartoriale di dar veste al corpo vocale di Nunzio Iurilli. Palmisano è un po’ il Renato Sellani di Puglia, con la sua eleganza e padronanza su un certo tipo di song americane. Ha dato luce e protezione a questi capolavori. Antonio Molinini ha invece aggiunto delle gemme a My funny Valentine e Moon River, mentre il sottoscritto ha aggiunto il suono della Melodica Hohner su The nearness of you, oltre a curarne – come in tutta la collana – ricerca, editing e restauro.
Nunzio Iurilli è morto a Ruvo di Puglia l’8 novembre 2012.
Livio Minafra, Ruvo di Puglia, 24 giugno 2020